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My Music

Mario d’Azzo

Musica

Mario d’azzo

Zucchero Filato

Ero giovanissimo, ma le storie volevano già cantare la vita… e la ricerca della via. L’album è pubblicato su iTunes.

Zucchero Filato

Mario d’Azzo

Le Navi di Jacques

Avevo in testa questa idea del viaggio, tra Henry Miller e Jacques Brel. Prendere e andare, perché dentro ogni viaggio pulsa l’anima del racconto e l’elevazione del canto.

A Mezzanotte con le Fate

Quando la porta si aprì

pensieri lì da giorni

son volati a stormi

fuori della stanza

come uccelli in fuga

liberati da una gabbia,

e ciò che videro i suoi occhi

erano i suoi occhi

investiti dalla luce della luna

incorniciati dalle ombre della notte.

 

Restarono in quel raggio immobili

per un tempo indefinito

a scrutarsi a riempirsi la vista

dopo tanta fame

mentre il senso lentamente

riprendeva posizione tra le cose.

E il cuore era uno stantuffo

tra lo stomaco e il cervello

non capiva se era quello che cantava

o se era il coro dei grilli.

 

“Dimmi che sei qui solo per dirmi

cose belle,” nell’attesa pensò, 

e l’attesa aveva un buon sapore

tra il dolore e la riscossa

e lei sembrava un uccellino

scampato chissà come

per miracolo da un volo disagiato

che ne aveva provato le forze

e consumato le piume.

 

“Dimmi che sei qui per levarmi

questo stecco che ci ho piantato

in mezzo al petto,” pensò.

Disse “Vieni, entra, mettiti a sedere,

non ti aspettavo questa sera,

non ti aspettavo così presto,

ma chi ti ha dato il mio indirizzo?

Sono qui da pochi giorni,

la casa è ancora un po’ per aria.”

Dimmelo Tu

Sandra alza con un gesto elegante

il braccio e lo agita piano

poi lancia il suo sorriso bianco

una scintilla avvolta nel fumo

e nella nebbia nel vapore freddo

che si sdraia sul ponte sospeso sul mare

la vedo composta in piedi sulla banchina

una sorellina che nessuno ce l’ha.

 

E la sua casa mi spiace lasciarla

è piena di fiori odora di prato

a due passi c’è il mare scorticato dal vento

un vento violento che falcia il berretto

ai bambini ….. ma …..

dimmelo tu

dove va veramente 

questo treno che parte

dimmelo tu

dove va veramente

perché io non lo so.

 

Sandra vive sempre fuori d’Italia

l’Italia dimentica la gente così

la gente che aiuta e che vuole sapere

deve sempre andare lontano da qui

così li incontri un po’ dappertutto

con il loro bagaglio sempre pieno di cose

sempre più vasto e ricco di mondo

che noi non li capiamo più.

 

E tu pensi quasi sia una fortuna

per la sua vita così diversa oramai

I Fili Invisibili

La prima volta nella piazza

e col sole una mattina

te ne stavi rannicchiata

in una mantellina blu.

Eri sobria ed aggraziata

come una bella statuina

coi capelli illuminati

e lasciati sciolti giù …

 

Se le storie della gente

tracciassero una scia

le strade che disegnano

gli incroci sulla via

forse capiremmo meglio

il senso del viaggiare

agiteremmo forte il braccio

e ci vorremmo salutare …

 

Ora ti dico arrivederci 

ogni mattina

ed ogni volta mi si forma

un nodo in gola

perché ogni giorno

che viviamo 

noi partiamo

ed è un viaggio 

breve o lungo

che facciamo.

 

Ti ricordo sulla porta

nel mattino trasparente

la felicità sui denti

seminata sopra il volto.

Ti ricordo nell’attesa

e nel momento del ritorno

la casa rifiatare

un’altra aria traversare il giorno.

Tutto il mondo in una rete

di invisibili fili sottili

che si muovono nel nulla

e accavallano i destini

e nel frattempo anche la terra

e le stelle se ne vanno

dovremmo salutarle

abbassando i finestrini …

 

Ora ti dico arrivederci

ogni mattina

ed ogni volta mi si forma

un nodo in gola

perché ogni giorno 

che viviamo

noi partiamo

ed è un viaggio 

breve o lungo

che facciamo.

 

Dove sei stata

com’è stata la giornata

con che pensiero 

ti sei allontanata?

A cavallo di quale 

poi sei ritornata?

Dillo forte

che lo possa ricordare.

Il Viaggio della Mongolfiera

Un giorno Claudia

mi mandò un ritratto

e un omino col cappello

disegnò;

e siccome per il mondo

lei voleva farlo andare

su un’allegra mongolfiera

lo posò.

 

E occorreva tanto vento

perché quello è un modo 

antico e assai rischioso

per viaggiare;

e come senza luce

è inutile partire

un bel mattino sopra il foglio

Claudia colorò.

 

Certamente voi saprete

che quando sorge il sole

il timore della notte

se ne va;

resta solo tanto spazio

tanto mondo da girare

tanto che non si capisce

dove l’omino arriverà;

però un viaggio è sempre bello

soprattutto se c’è vento

è per questo che l’omino

ci ha un cappello;

ma per volare così alti

occorre essere leggeri

e così un omino snello

Claudia immaginò.

 

 

Poi un campo ci voleva

per la gioia dei suoi occhi

verde e con dei fiori

che l’estate germogliò;

ma il prato non bastava 

a soddisfare il viaggio

così la terra con il mare

Claudia bagnò;

 

Oh che bella mongolfiera

se ne va come una piuma

sulla spuma delle onde

dove non si sa;

speriamo che non cada

o che voli più veloce

così forse per un giorno

il sole non tramonterà.

 

Io ringrazio la bambina

che spedisce quell’omino

tra le case degli uccelli

e forse anche più in là;

e spero arrivi lei

in un mattino come questo

se l’omino del ritratto

non ce la farà.

Kalinikta Stavros

È un’acqua chiara – pa’ –

che ci guardo attraverso.

Sirene che annunciano navi – ma’ –

e lasciano scie nel sonno.

 

Gente ruvida ed aspra – pa’ –

che non invita a sorridere.

Ed eccezioni sporadiche – ma’ –

che conservano il dono.

 

Perdono perdono perdonami

Dio del mare.

Non occorreva allontanarsi tanto 

non lo dovevo fare.

 

Esiste un paese – pa’-

che è simile al mio.

Il mare lo risucchia – ma’ –

e la roccia lo difende.

 

Qualcosa gli fu tolto – pa’ –

per le loro facce stanche.

Forse è per il troppo avuto – ma’ –

che sanno pregare.

 

E prego prego prego

il Dio del cielo.

Non occorreva tanto vento alla mia vela

per rimanere così solo.

 

Qualcuno racconta – pa’ –

di uccelli che piangono.

Che ci sono ancora asini – ma’ –

che ad avvicinarli mordono.

 

E di serpenti che saltano – pa’ –

colpiscono alla nuca.

Li chiamano la freccia – ma’ –

perché puniscono per sempre.

 

Punisci punisci puniscimi

Dio dei campi.

Colpisci le mie mani inutili

mandami tuoni e lampi.

 

Escono presto al mattino – pa’ –

nel silenzio dell’alba.

Sopra piccole barche – ma’ –

e reti gonfie di sogni.

 

Li vedi bisbigliano – pa’ –

lunghe storie tra le labbra.

Misurano ogni gesto – ma’ –

e nessuno di loro parla.

 

E ti parlo ti parlo parlami

Dio del fuoco.

La mia scintilla è un filo di voce

e il suo suono è roco.

 

Camminano per strada – pa’ –

con un rosario tra le dita.

Scorrono sulle perle – ma’ –

come di fronte a una notte senza stelle.

 

Si ricompongono i vestiti – pa’ –

s’aggiustano i capelli.

E lindi e sistemati – ma’ –

son sempre pronti e mai tranquilli.

 

Colpa mia colpa mia tu conosci la mia colpa

Dio del mondo.

Tu puoi vedere nel fondo dei miei occhi

il trucco e l’inganno.

 

Ora scalciano i cani – pa’ –

e non carezzano i gatti.

Tutti sanno vivere soli – ma’ –

animali e padroni.

 

Vivono ed odiano – pa’ –

con lo stesso sorriso.

Ma vivono incerti – ma’ –

con un conto in sospeso.

 

Via da me via da me stai lontano

Signore del mondo.

Sei la spina ficcata nel fianco

sebbene sia un angelo vestito di bianco.

 

Perdono perdono perdonami

Dio della Luce.

Non conosco più la strada ma so farmi

il segno della croce.

L’Oro del Grano

Non guardarmi con quell’occhio

 

scontento e non pensare

 

che la mia vita sia 

 

una miniera spoglia 

 

o una vela senza vento

 

 

 

E non credere che al fondo

 

abbia solo un pozzo asciutto

 

dove le stelle 

 

non si specchiano più.

 

 

 

Non guardarmi lungo il ciglio 

 

di un fosso mentre una nuvola

 

s’addensa intorno al precipizio

 

scalzo tra i rovi

 

con soli stracci addosso

 

 

 

Non pensare che le nuvole

 

non mi lascino la pioggia

 

quando passano 

 

e il cielo torna blu.

 

 

 

Non so qual è 

 

la luce che sogno

 

ma tanto ricorda 

 

l’oro del grano

 

e l’odore del vento 

 

che soffia dal mare

 

i confini e gli spazi

 

di paesi lontani …..

 

Guarda che sole

 

guarda che giorno

 

guardalo come si scaglia

 

e come si scioglie

 

tra le foglie 

 

il suo calore ….

 

Guarda, guarda che sole

 

non hanno un tocco

 

così caldo le parole

 

Non pensarmi dietro veli

 

di lacrime con gli occhi

 

ghiacciati da manti di brina

 

che sotto l’acqua non scorra

 

e il respiro non viva

 

 

 

E che le nuvole vadano

 

a piovere lontano

 

che preferiscano altro grano

 

a quaggiù.

 

 

 

Non so qual è 

 

la luce che sogno

 

ma tanto ricorda 

 

l’oro del grano

 

e l’odore del vento 

 

che soffia dal mare

 

i confini e gli spazi

 

di paesi lontani …..

 

Guarda che sole

 

guarda che giorno

 

guardalo come si scaglia

 

e come si scioglie

 

tra le foglie 

 

il suo calore ….

 

Guarda, guarda che sole

 

non hanno un tocco

 

così caldo le parole.

La Padrona del Cachito

Mi piaceva dei suoi occhi

quell’azzurra follia

che gettava sui pensieri

con un’ombra scura

e la mezza luna bianca

sulle unghie delle dita

che muoveva tra le cose

con disinvoltura.

Mi piacevano i suoi modi 

schietti e ineducati

la sua lingua era un coltello

a scatto che tagliava 

ma tagliava in modo netto 

del tutto trasparente

solo dopo ti accorgevi

che la ferita sanguinava.

 

Mi piacevano i suoi libri

di autori sconosciuti

tranquilli e consumati

in un respiro

e l’aria sciatta e irriverente

di andare in mezzo agli altri

affatto indifferente

a che pensavano di lei.

Mi piaceva il suo linguaggio

scarno fino all’osso

con un singhiozzo altalenante

sugli accenti;

aveva un modo disarmante

di dirti sulla faccia

“a me non piace veramente

proprio niente.”

 

Chissà chissà

che tipo di uomo ha

se le chiederà se l’ama

e se lei gli risponderà

chissà chissà

se è proprio vero che laggiù

il mare fa dimenticare 

e non si ha voglia di tornare più.

 

Ma c’era un desiderio

nel cielo dei suoi occhi

e una tenera espressione

di spavento e di stupore.

Si capiva dallo sguardo

distante e fuggitivo

che un sasso le pesava

in fondo al cuore;

non aveva della gente

l’abitudine a accetare

solo per avere al mondo

qualche cosa da fare

né la voglia a capo chino

di arrivare ad ogni costo

in qualche modo 

in qualche posto al sole.

 

Si capiva dalle pause 

che si chiedeva mille cose

e dai momenti di silenzio

in cui cascava;

ma con poco s’accendeva

in un sorriso contagioso

che saliva generoso

e s’aggiustava in mezzo ai denti.

Aveva un’aria vagabonda

orgogliosa castigata

che trascinava per la strada

con un passo sonnolento;

poi di colpo s’impennava

e balenava all’improvviso

un guizzo di luce

sopra un viso contento.

 

Chissà chissà

che tipo di vita fa

se le piace viaggiare ancora

oppure se si fermerà

chissà chissà

se è proprio vero che laggiù

si sente finalmente a casa

e non ha voglia di tornare più.

 

Sembrava persa e sola

tra milioni di persone

ma mi portava a spasso

al guinzaglio come un cane.

Mi piaceva la sua casa

alta come un nido

e la sua pianta moribonda

sul balcone.

Da là sopra la città

s’apriva ai desideri

che apparivano uno ad uno

con le luci della sera

ed era come un mare

come i campi a primavera

una vendemmia 

o la vigilia di Natale.

 

Chissà chissà

che tipo d’amore ha

se le è entrato in fondo al cuore

se per sempre ci resterà

chissà chissà

se questa è tutta la verità

se ha capito come gira il mondo

e se mai ce lo racconterà.

Le Navi di Jacques

C’era un posto allora

dove volevo andare

dicevano c’erano belle donne

vestite quasi tutte da signore

dicevano che lì i sogni correvano

come fiume verso il mare

e tutte le strade 

fiorivano in piazze

che brillavano sotto il sole.

 

Così ogni volta che passava 

il vento

io volevo mettergli le briglie

montargli a cavallo 

farmi trascinare

perché dicevano che lì le strade

erano forse più di mille

e quando scoppiavano le stelle

tutti le stavano a guardare.

 

Prima di me i conquistatori

decisero di abbandonare

ma loro erano navigatori

erano a casa sopra quel mare

era gente senza riposo

con l’anima disturbata

non mi han lasciato 

neanche una barca

neppure una scialuppa sfondata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Però quel mare io lo guardavo

le mie navi non avevano vele

ma galoppavano 

assieme alle nuvole

prendevano il largo con le parole

“con loro un giorno” pensai

“me ne andrò 

e abbatterò tutti gli steccati

e se cadrò avrò soltanto

i ginocchi sbucciati.”

 

“Le ascolteranno” mi dicevo

“le storie che racconto

le canteranno anche i bambini

le favole che mi invento

e andranno verso il giorno

con un pizzico di nostalgia

per la notte che se n’è andata

e la vita che scorre via.”

 

Perché c’era quella città

dove dicevano che le parole

piovevano sulle strade 

come coriandoli a carnevale

e parlavano una lingua sola

la capivano anche i cani

perché anche loro 

facevano i cuccioli

e mettevano al mondo

sogni lontani.

Un Sentimento Esagerato

C’è una macchia scura

sulla luna piena

grande come una ferita

che sanguina sorgenti

a stille dal costato

sopra un sentimento esagerato

quando cadono per terra

germoglia un fiore delicato

un piccolo dolore disperato.

 

Ma la luna è tutta bianca

pallida e candida 

come un lenzuolo

così l’uomo si tocca su un fianco

e rimane schiantato sopra il suolo

e come un cavaliere colpito

chinato sul cavallo

si strappa di dosso l’armatura

e il fiato si leva alto 

nasce una nuvola di neve

una piccola morte senza parole. 

 

Oh sì la luna è tutta bianca

linda e pulita 

come un letto di nozze

dove la sposa si sbarazza del velo

e si sfila la camicia da notte

così l’uomo la prende e la tiene

in una presa che non abbraccia

e lei sfolgora una scia dagli occhi

come la coda di una cometa

“amore lasciati baciare”

le sussurra in un orecchio

“chissà quante parole conosci

che non riesci a pronunciare.”

 

Cani abbaiano alla notte

la paura e un sospetto smarrito

l’uomo scorge un chiarore lontano

e lo indica col dito

si domanda del bisogno di luce

che nasconde una finestra accesa

così affacciata sulla strada

sembra una speranza rinata

una piccola speranza educata

in mezzo a un silenzio sordo

sordo come il tonfo

di un gomitolo di lana.

Mario d’Azzo

A cavallo dell’onda

Questo lavoro trae ispirazione da un vissuto quotidiano da cui attingere il gesto poetico e la voce musicale. Come diceva Dylan Thomas, ci saranno pure delle ragioni scientifiche per spiegare i fenomeni; ma questo non vale per tutto, perché viviamo in una sfera magica.

A Cavallo dell’Onda

(testo: Mario d’Azzo – Musica: Marco Testoni)

A volte sono aperto e chiaro, altre, misterioso e nascosto;

sono il tempo, annuncio alle persone che tempo fa nel loro cuore.

 

Fa’ vedere cosa ci hai negli occhi! se la scintilla è ancora lì,

tu sai che il lato che la luna espone riflette solamente il sole.

 

Binari si congiungono in un punto all’infinito,

dimmi che vedi laggiù, non è forse un’illusione?!

Ma tu ci credi o no? Ci credi, non è vero?

E ciò che vedi e senti è qualcosa che c’è in te.

 

Per alcuni sarà pioggia che porteranno le parole,

non un moto, né un sussulto, alcuna vibrazione.

Per altri invece sarà come far fagotto, andare altrove,

dove le lingue non ti servono ma tu capisci le persone.

 

Ah cavalcare l’onda! in cima sulla cresta

e poi scendere la curva senza perdere la testa.

Ma tu ci credi o no? Ci credi se non vedi?

Non pensi di parlarmi con gli occhi, coi pensieri?

 

A volte sono grato ed altre cieco e sordo

ma son venuto qui a capovolgere il passato.

Ma tu ci credi o no? Ci credi se non vedi?

E ciò che vedi e senti è qualcosa che c’è in te.

A Pedro Migrador

Dimmi navigante

– navigando navigando – 

correggi lontananze, 

modifichi nel cuore

– così andando, così andando –

analoghe distanze?

 

Vanno con i viaggi

passaggi consapevoli

che schiudono paesaggi

sfuggevoli a occhi deboli?

la borsa che trascini 

ha l’aria vuota e lunga

la tua corsa.

 

Oh! narrami il tragitto

che sguscia da burrasche

e approda in una baia;

raccontami la rotta

che motivi la fatica

e benedica il marinaio.

 

Dimmi pellegrino,

l’agilità del sogno

facilita il viandante

a osare nel cammino? – solo –

dove uccelli migratori

serrano lo stormo.

 

Il tuo volo non ha nidi

invitanti di lontano

col conforto della paglia

del muschio dello sputo,

ma richiami 

sparuti come picchi

che alludono alla vetta.

 

Oh! narra viaggiatore 

l’incanto che traspare

ai margini del tutto

quando il segno accade;

e tu sei spettatore

delle cose che non tocchi

per non perderne il valore.

 

Hai vestiti senza piega

L’occhio risvegliato

Non curi l’apparenza

Sembri fresco di bucato;

spiega che significhi far senza 

di quello che hai lasciato. 

 

“Non si tratta di coraggio!”

dici “in questo viaggio

– una volta che abbandoni –

nulla manca del passato,

e ogni volta si rinasce:

lo spettacolo è infinito!”

 

E tu sei spettatore

delle cose che non tocchi

tu sei il nomade

il matto dei tarocchi;

se un cane

ti mordicchia una gamba,

non ti vuole far del male,

non disturba, anzi,

vuol giocare.

Amici

(testo: Mario d’Azzo – Musica: Marco Testoni)

 

Fanno gruppo fanno cerchio

tra loro fan da specchio

sono rami di un cespuglio

nella macchia;

cresci alta bella pianta

non guardare dove secca

un arbusto ma lascia

che si stacchi.

 

Spiega il tuo ventaglio

dove spira il vento e il sole

scende sulla chioma

una voce allora canterà!

 

Perché è un dono 

che le strade si incontrino

e gli uomini diventino amici;

perché è un dono 

che i pensieri si cerchino

e gli uomini diventino amici

(i sentieri disegnino incroci)

 

Eccoli al crocicchio

come rughe intorno agli occhi,

ognuno porta un ramo d’ulivo

nel becco;

vola alto bello stormo

di ogni giorno fanne un gioco

le correnti vanno e tornano

daccapo.

 

Un nido li raccoglie 

dal cielo nella conca

del palmo di Aladino:

il genio in una nuvola uscirà!

 

Perché è un dono 

che le strade si incontrino

e gli uomini diventino amici;

perché è un dono 

che i sentieri si cerchino

e gli uomini diventino amici

(i pensieri disegnino incroci).

 

Immaginiamo insieme

qual è la nostra nave

e che faro in fondo al mare

ci segnalerà

che siamo giunti a casa …..

 

Perché è un dono 

che le strade si incontrino

e gli uomini diventino amici;

perché è un dono 

che i pensieri si cerchino

e gli uomini diventino amici.

 

 

 

 

Apro le mani

Torna la neve 

metto il cappello

di sghembo

come i soldati;

torna la neve 

mette il mantello

la terra 

come fanno i soldati.

 

Chiudo la porta

apro il cancello

poi via

come fanno i pirati;

faccio tre passi

sfilo l’anello

dimentico

proprio come i pirati.

 

Apro le mani

tutto mi passa

come vento tra i rami

e qualcosa mi resta;

apro le mani

e nevica fitto

e ad ogni fiocco

è una stella cadente.

 

Passi sordi

passi leggeri

su sentieri

pieni di pace;

passi che vedo

lungo pensieri

verso spazi

bianchi di luce.

 

 

Costellazione gemella

Sai Mario il mondo

mi ha fatto male

ed io farò 

a meno del mondo!

Tra noi qualcosa

non voleva combaciare

c’era un silenzio

era terribile ascoltare.

 

Però ugualmente

cantavano le stelle

l’armonia del cielo

dietro un velo di scintille

…. se di lassù 

si fossero specchiate

sai che spettacolo!

che pozzanghere!

nei miei occhi torbidi.

 

Ma tu prova a chiedere

se loro sanno

perché l’acqua non vola 

fuori dall’oceano 

quando la terra gira?

Ti risponderanno 

È una ragione scientifica!

Ti spiegheranno ogni cosa

dentro il recinto

che limita il campo

non il vento che vi spira

non il canto

 

Sai Mario ora

mi guardano di sguincio

mi vedono posticcio

tra loro sono un ibrido.

….. Si chiedono che faccio

se son tocco oppure matto

la loro lingua sibila

sono fuori dalla regola.

 

Conosci la leggenda

del bambino e il cannocchiale?

L’inganno delle lenti

a non saperle usare!

….. Pensava di essere già un uomo

di essere già grande

ma vide la sua casa

immensamente distante.

 

Ma tu prova a chiedere

Se loro sanno

Perché il mare si gonfia

Quando di notte 

Si riempie la luna?

Ti risponderanno

È una ragione logica!

Mentre tutto respira

perfettamente in silenzio

tutt’intorno gira

gira e m’attira

perché è una sfera magica!

Siamo noi magici

quaggiù come lassù

pianeti scintillanti

parenti alla lontana?

 

Modello la mia chiglia

col sale e con le onde

e il mare è lì che leviga

le parla e le risponde …..

Cicatrizza le voragini

assorbe tutti i lividi

e alla fini torni al mondo

e i tuoi occhi sono pronti

Sono limpidi

 

 

Il dottore non parla più

Ampio e profondo è il respiro della notte

i corridoi spalancano le bocche

negli ospedali gli zoccoli echeggiano

passi febbrili verso porte che lampeggiano:

lucine rosse ….. infermieri bianchi!

 

Il dottore in camice si strofina gli occhi gonfi

dice troppe lacrime! Le lacrime del mondo

non separano granelli come fanno le conchiglie

che secernono col pianto la luce delle perle;

che pianto benedetto le conchilglie!

 

Facce strapazzate lo bloccano negli angoli

con sguardi che trafiggono parole che si inceppano.

Invocano il meglio dal meglio del dottore

l’abilità alle mani e che si appellino al Signore;

reclamano la pelle intatta – non importa come – 

che Dio vegli sopra questo guaritore!

 

Splendido e purissimo è il sole del mattino

spande miele dal mantello e particelle d’oro fino;

un universo incolume cola dentro l’Anima

e l’Anima si cede alla sua trama in filigrana:

corrono i figli quando il padre chiama!

 

Il dottore parla poco raramente

– pesano le croci e strappano le spalle! –

per capirlo immaginate cosa canti dentro il cuore

di quegli impavidi affamati che scalano montagne:

frequentano silenzi che gli uomini non sanno.

 

Dottore, la tastiera che tieni su in soffitta

so che la suoni come Nemo, come Nemo per te solo!

O come il comandante le dedichi a qualcuno

quelle musiche che ondeggiano e ti spingono lontano?

Sono come caravelle nell’incognita del mare:

gloria a loro e che le stelle ne proteggano l’andare

In Memoria di un Famoso Sconosciuto

Mare lava questi scogli

dal sangue che li imbratta,

dai brandelli, i ciuffi

di capelli, scagliati

sulla spiaggia!

 

Pioggia bagna il loro capo

con le lacrime del cielo,

rendi fertile il terreno

che hanno appena

seminato!

 

Io devo dare di più

alla vita per amare

altrimenti passa invano

ogni sforzo per cambiare.

 

Terra prenditi i pezzetti,

sono petali di gigli,

ingoia pure il gregge

– bela – ma ha unghie 

come artigli.

 

Sole cogli queste piume,

fuma la canna del fucile,

porgi loro il benvenuto

son partiti adesso

in volo!

 

Io devo fare

qualcosa per amare;

altrimenti non c’è suono

non c’è luce, cosa sono

io!?

 

La Ballata del Cavallo Pazzo

Monologo di Ventre

Posso sedermi qui vicino a lei?

Vede mi sembra tra noi non ci siano segreti!

Consideri anzi i miei occhi già suoi,

saranno i suoi pesci se lei tende le reti.

 

Che ne dice magari potremmo darci del tu?

Se non sono importuno o troppo indiscreto.

Capisce il suo viso illumina abbaglia

stana sogni dal sonno che non parlavano più.

 

Certo lei non vorrà credere a questa storia del caso!

Che mescola il mazzo e distribuisce le carte.

In questo posto non viene mica chiunque,

piuttosto mi dica qualcosa mi dica una cosa qualunque.

 

Ora non pensi che voglia correre troppo, 

è tanto che aspetto sicuramente lei pure;

si chiederà in questi anni che ho fatto?

Mi son morso la coda nella tana di un ratto.

 

Vedo non porta anelli alle dita

presumo non abbia la vita legata a qualcuno.

Non che un anello significhi o che nulla pregiudichi,

può soltanto accettare o declinare l’invito.

 

Pensa anche lei che le parole non servano a molto?

Il più resta sepolto dentro sotto sopra intorno.

Guardi i miei occhi le dicono niente? Mi dica 

hanno un loro linguaggio non hanno un paesaggio evidente?

 

Bene non voglio tenerla qui oltre

S’è fatto tardi! Poi tardi per cosa non so!

Francamente stasera non ho niente da fare

lei sinceramente non pare meno sola di me.

 

Vorrebbe concedermi ancora un favore?

Mi dica il suo nome io lo conosco è così?

Lei mi ricorda qualcosa lontano!

Mi darebbe una mano a capire? Mi dica di sì.

 

Pensa anche lei che le parole siano un tipo di stiletto

si pronuncino per diletto si avvicinino per difetto?

Certo di fronte al candore della sua pelle

mi tornano in mente soltanto belle parole d’amore

Soleluna

Si dice che 

 la coppia sia 

 uno specchio della 

 nostalgia

 del tutto.

 E che nella 

 sua natura

 più profonda 

 l’essere non sia

 che maschio 

 e femmina.

 E che quella natura

 è solo Spirito

 e lo Spirito

 è entrambi:

 ad immagine

 dell’Uno.

 

Mario d’Azzo

Cibo per uccelli

Le storie pavimentano il cammino degli uomini di meraviglia e mistero. Intanto i figli smettono i loro vestiti per indossare quelli di marito e di padre, ma quando si svegliano al mattino sono l’una e le altre cose. Questo lavoro è maggiormente cosciente della luce e del suono.

copertina - cibo per uccelli

Artù era un gatto libero. L’ha usata la sua libertà!, anche per manifestarmi il suo affetto. Riconosceva la voce della mia macchina o semplicemente sentiva quando tornavo a casa. Allora usciva dalla finestra della cucina e mi aspettava all’imbocco della stradina sterrata che conduceva alla nostra dimora. Quando poi sopraggiungevo, sbucava fuori dalla bruga e si posizionava in mezzo alla via, con un anticipo tale che potessi vederlo e rallentare. Per gli ultimi sessanta metri che ci separavano da casa, era lui a stabilire il ritmo, con una cadenza flemmatica e regale del tutto in armonia con l’universo intero. E io, dietro.

Una notte, l’estate successiva alla sua morte, un merlo giovane ha fatto la stessa cosa, incurante dei fari accesi della macchina e del rombo del motore.

Le storie pavimentano il cammino degli uomini di meraviglia e mistero. Intanto i figli smettono i loro vestiti per indossare quelli di marito e di padre, ma quando si svegliano al mattino sono l’una e le altre cose.

Non molto tempo fa, mia moglie mi ha fatto notare che non le ho mai dedicato una canzone. Da parte mia, mi sono difeso dicendo che se l’amore di Dio non trova parole per essere espresso, il fatto che non abbia ancora composto niente che la riguardi direttamente è un buon segno.

A Monica, Pico e Falco. Md’A

 

Testi e musica di Mario d’Azzo

Chitarra acustica,12 corde e voci: Mario d’Azzo

Registrato preso gli studi Pop Recording di Somma Lombardo

Supervisione artistica: Giovanni Prolo

Registrato e missato da Gabriele Antonini

Grafica: SueAnn Walentuk, Marco d’Azzo

 

Cibo per Uccelli

Io capisco l’amore

come un canto dal sole

che chiama tutto a sé.

Tu puoi scegliere, andare,

libero di fare

ogni cosa

solo per te.

Prendo tutto, Signore, 

gioia e dolore,

se questo è il modo migliore

di uscire da qui:

e lasciare sin d’ora

ogni granello di sabbia

ad ogni onda che lo porti

nel mare blu,

nel mare  blu ….

 

Io capisco il dolore

come un salto nel cuore

che annulla tutto in sé.

Il passato non conta

e il futuro, se viene,

parte ora, altro non c’è:

che guardarlo nel nero

di quegli occhi profondi

– altrove non stanno

ma dentro di me –

e sentire sognando, 

tra le strade cercando,

che l’Anima intanto 

sorride al blu,

sorride al blu ……

 

Fremo 

al passaggio di uno stormo 

che vira

in un frullo d’ali.

Con le mani faccio il verso

a traiettorie

dettate da pensieri;

anticipo 

– nell’impeto del sogno –

tragitti

che non hanno fine:

se non il canto universale

mentre accoglie 

tra le braccia

il suo cantore.

 

Questa è la storia

del sogno che sognando

incontra nello specchio

intorno 

l’immagine di sé.

Ed è notte e giorno!

Andiamo in questo ballo;

insegnamene il tempo,

il ritmo, 

l’intervallo!

Il Golfo

Un suono di ferraglia rotola

sulla pianura, Ciuff Ciuff!

Si flette e si raddrizza 

lungo curve ampie 

e linee rette, Ciuff Ciuff!

Di valle in valle la sua voce

crea un varco, 

spostamenti;

un oceano salpa verso

altri continenti.

 

Una volta che è sfilata,

la sua scia rimarginata

Ciuff Ciuff!

Chi può dire che non canti?

La sottile vibrazione scorre e va!

Certe onde non le senti 

se non trovano una baia

che le accolga;

se la costa è una scogliera 

inaccessibile e rigida sui fianchi.

 

Se devo risalire il fiume,

ricordare ….

Come il salmone ritornare

contro la corrente ….

l’immagine che vedo

è una luce devastante:

un golfo di brillanti

fluttuante al movimento 

delle onde.

 

 

Così, riaffora il mare,

con la sua promessa

di pascolo inviolato ….

da gioie, da tempeste;

l’infinito non ha volto

dietro l’orizzonte.

Ti cerca, lo chiami ….

gli porgi umili le mani.

Ti fai piccolo, 

torni piccolo,

capace ancora di sognare

in grande.

Io,

sta dentro Dio,

Dio sta dentro idioma ….

e tutto questo suona,

cattura,

come l’eco di una musica

lontana …

…. vicina.

È la tua natura!

Il Quetzal

Mi trovo bene

tra queste stelle,

mi trovo bene!

Sopra le nuvole 

belle

come di neve.

E lì volteggio 

sereno

sopra campi e colline;

le cose tornano

a posto 

tornano insieme.

 

Questa è la foresta

dove volo;

tra il bene e il male

in bilico 

su un filo.

Questa è la tempesta

e qui ho il mio nido:

nell’occhio cieco

e calmo

dell’uragano.

 

Ma se canto,

è per amore soltanto!,

a che serve una voce

se luce non dà!?

Voleste restare in ascolto,

non un solo lamento

dalla mia gola uscirà.

 

Lo so che questo non è

il paradiso;

ma a me 

non riesce che volare,

di ramo in ramo

cantando passare

cambiando le mie piume.

 

E ne hanno fatte corone;

bastassero le penne 

e le piume!!!

a fare di un capo 

la testa 

di un re.

 

Ma se canto,

è per amore soltanto!,

altrimenti il silenzio

ha più voce di me.

Voleste sentire

che dice

il suo canto felice 

vi trasformerà.

L'Artefice e il Consigliere

Vivono le cose 

cui si dà attenzione.

Le chiami ed esistono,

ne hai percezione.

Ogni volta tornano,

con una forma nuova,

a dar forma al segreto 

della loro creazione.

 

Vivono le cose 

per avere un nome;

un suono che cantato

incanti le persone.

Così una casa vuota

dà più spazio al sole;

muto atteggiamento

cambio anche la stagione.

 

Oggi ho un umore solare,

mi sento come un leone,

per quanto pigro e lunatico

ho venduto il televisore.

Troppe immagini morte

e notizie distorte;

ho voglia di ascoltare

la voce silenziosa

che canta dentro.

oh! oh! oh! oh! oh! oh!

 

Ho sognato di me

nell’atto di sognare.

Ero un punto sospeso

e l’oggetto da guardare.

Ero dentro, ero fuori,

ma non sbattevo le ali;

ero entrambe le cose:

la farfalla ed il fiore.

 

E me ne stavo tranquillo

senza alcuna emozione,

a osservare gli effetti

dell’immaginazione;

così se chiudo la porta

non getto la chiave

e mi sporgo al balcone 

che si affaccia sul sole.

 

Stasera mi sento arioso,

parlo la lingua del vento;

soffio largo e selvatico,

spavaldo nel firmamento.

Porto e spazzo le nuvole

a seconda di quel che penso;

ho voglia di ascoltare

il suono silenzioso

che canta dentro.

oh! oh! oh! oh! oh! oh!

La Parabola del Vino

La Pioggia mi Bagna e il Vento mi Asciuga

Il marinaio ha un corpo asciutto, nervoso, 

ne ha tirate di cime, sollevate di ancore! 

Pesca un pesce, se lo mangia crudo.

“Tutto fosforo” dice, poi la lisca la getta in mare. 

Ma mai plastica né scatolame.

 

“Certo che ne ho fatte di miglia! 

Il mare mi ha rapito il cuore. Lontano dalla famiglia,

da qualche parte a fare la stagione. 

Ma il mio sogno è sempre un ritorno; e dal mare:

è un destino dal mare tornare!”

 

“Su mercantili di lungo corso, 

dal Golfo Persico a Panama, da Tokyo alla Terra del Fuoco, 

avanti indietro per mesi interi. 

Su pescherecci a lanciare reti 

e mai uno strascico – chiedi se non credi – 

se c’ho un grammo addosso più della mia fame.”

 

“Allora facevo gola! La moglie di un comandante 

mi fece chiamare nella sua cabina. 

Una sedia da sistemare! Ma mi aprì in vestaglia: una madonna! 

non fosse stato per i suoi peccati. Niente da fare!

La donna di un amico non si tocca, io ho il mio onore.”

 

“Accoglimi porto, tuo figlio è tornato! 

Abbracciami moglie, che il vento ha girato! 

Tieni accesa la luce, che voglio vedere …. 

se i sogni son veri, se è la luna che rende

l’oceano un immenso lenzuolo di lino 

dove bacio sirene che hanno il tuo viso.”

 

“Ora ho questa barca. Ci carico i turisti.

 Gli faccio fare il periplo dell’isola in un giorno. 

Mi chiedi cosa ho visto ad andare per il mondo? 

Conosco questa terra! – È così che ti rispondo – 

È questo che ti insegna: qualunque cosa accada, 

la pioggia mi bagna e il vento mi asciuga.”

 

“Lo vedi quello è un dammuso in una pietraia, 

viene dall’arabo dam e significa casa.

Io la chiamo mia ma non ci posso giurare …. 

che ‘sto pezzo di roccia non sia proprio una nave, 

con tanto di vele e di vento a favore.

Io non sto al timone ma mi lascio portare.”

Letto di Fiume e Fiore con le Spine

Sul letto del fiume

l’acqua scorreva

e il suo suono gli piaceva.

Era a volte uno strillo

altre un sussurro tranquillo

che tutto conteneva ….

La parabola del sole

che si leva e scompare

mentre appare la luna 

chiara come un segnale

che non c’è angolo buio 

che non possa brillare.

 

Sull’argine cresceva

tra piante selvatiche

un fiore con le spine.

Come un campo sotto la neve

che sembra dorma ma vive

tutto muto e gentile.

Il letto del fiume 

se ne innamorò

le regalò il suo specchio

per quando – immaginò –

avrebbe visto il suo viso di petali

sopra il volto che la guardava.

 

Oh! Pensi mai se ha condizioni

l’amore per vivere?

O se non è imparziale

il gesto caldo del raggio di sole?

Comunque c’è!  Non sta la rosa 

senza sapere perché?!

 

 Non pensi all’universo

come a un gigantesco imbuto!?

E che siamo scivolati in questo posto

che al confronto è un buco!

Fatti fiume, amore!

Scorre dentro un fiore

quanto tra i sassi bianchi

di un letto senza nome;

non ci sono spine,

non è mai un dolore,

se non per impedirti

di guardare altrove.

Fatti fiume, amore!

Lascia che sia lui

a scavarsi una nicchia

proprio nel tuo cuore;

non ci sono spine,

non è mai un dolore,

se non per impedirti

di guardare al sole.

 

Sul letto del fiume

sorella acqua cantava

tra sassi e detriti.

Con la medesima voce

spostava barche pesanti

e battelli smarriti.

Occhio Padrone Ingrassa il Cavallo

É una nota costante

che a viverci accanto

ti scivola dentro

e non capisci se è il vento

o sei tu ….

che ora fischi ora canti.

 

Dirai che è normale

– un’isola è sola –

sia libeccio o maestrale

viene dal mare

mai più

arriva da altrove!

 

Sarà che le case

qui hanno pati davanti

e la sera la gente

vi si siede a narrare.

 

Se prendi distanza

se le ascolti lontane

non senti parole

ma scirocco, grecale;

e gira e rigira

la rosa dei venti

e i racconti dell’uomo 

ritornano canti.

 

Hu,  huuuuuuuuu …

 

 

 

E se fossimo un canto

che spande a spirale

che mutando di piano

cambia anche il suono,

timbro e tono …

forma e nome !? ….

 

Ecco il sole lassù

ecco il mare laggiù

cavalcano onde

venendo quaggiù:

con che voce

l’uomo risponde?

 

Non senti anche tu

tutti i sogni del mondo

come canti raccolti

in un suono di fondo!?

 

E gira e rigira

la rosa dei venti;

tramontana, ponente,

meridione, levante!

É una nota costante

ti scivola dentro:

e tu pensi sia il vento,

invece sei tu!

 

Hu, huuuuuuuuu …

Pico nella Girandola

Sogni d'Oro Shalimar

https://www.youtube.com/watch?v=SQYp1U954J4

Sul cuscino disegna

delle valli ….

e dei fiumi

con ciocche di capelli.

È il suo sogno!

chi lo può toccare!?

il suo pensiero scalzo

in riva al mare.

 

Sul cuscino sta in cima

alle montagne,

con pareti che cascano

a strapiombo.

E fa un salto,

chi glielo può impedire!?

di provare la vertigine

del volo.

 

Sul cuscino non c’è smorfia

sulle labbra;

ma la chiave per schiudere

uno scrigno.

Non c’è ghigno,

chi gliele può baciare!?

senza il dubbio che le possa

far del male.

 

Dormi, dormi,

sposa senza il velo!

che è sereno e libero

il tuo cielo.

È il tuo viaggio!

Chi ne può parlare!?

neanche tu tornando 

trovi le parole.

 

Sul cuscino il volto

è un prato al sole.

E il silenzio

è carico d’incanto.

C’è una perla 

nel suo guscio di conchiglia;

s’apre un occhio in mezzo

sulle sopracciglia.

 

Dormi, dormi,

che l’Anima non dorme!

Nella luce

mentre il suono si diffonde.

È il tuo sogno!

Chi ti accompagnerà!?

Un soffio lieve

e tiepido sul collo.

Mario d’Azzo

Salute al vecchio

Questo è un lavoro che collega questo mondo con quelli più profondi, oltre, dentro. Inevitabile dunque cantare della vita e della morte, della ricerca interiore e del principio femminile.

As you will

As you will father

as you cross the night

and don’t take the baggage

who needs it for this flight?

 

You just breathe your life

out from your chest

leaving behind the body

like an empty nest.

 

But the bird’s gone

And I think we all

Put on new feathers 

Before meeting dawn

 

It’s coming down

Turning dark to light

It is time to trust it 

Without asking why

 

Here we are

fathers and sons

seeds and fruits

to tell whether 

the tree is good

but who planted it?

what reason for

but to show us

we can do it

just for love

 

Huuuuuuuuuuuuuuuuuu

As you will father

crossing snow fields

leaving no footprints

behind for us to see

 

We have to close our eyes

to let the light come in

and let it open up

the way within

 

To you Soul!

 

Here we are

fathers and sons

seeds and fruits

to tell whether 

the tree is good

but who planted it?

what reason for

but to show us

we can do it

just for love

 

Huuuuuuuuuuuuuuuuuuuu

Barbiere Padre e Figlia

Mare mosso – Signorina –

al largo non ci posso andare

Ho certe onde tra i capelli

le vorrebbe regolare

Una piega una spuntata

in questa mattinata ariosa

di gabbiani che si tuffano

nel vento.

 

Signorina tocca a me

suo padre c’ha da fare

il riporto ad una chierica

per nulla monacale

E il cliente appena entrato

può sedersi ad aspettare

sbirciando di traverso

dal giornale

 

Ritmo lento

ne ho di tempo

che delizia questo shampoo

il cliente nel frattempo

è finito da suo padre

Schiuma rabbia invece io

m’immagino la sabbia

di una spiaggia 

che s’appoggia alle sue mani

 

Vedi i casi della vita

certa gente al tuo paese

non la incontri in mille anni

neanche dietro appuntamento

Ma se vieni qui a Palau

te lo trovi dal barbiere

un volto familiare 

seduto proprio accanto

coincidenze che soltanto

il destino può aggiustare.

 

Signorina questo anello

me lo giro intorno al dito

e lo specchio qui riflette

un pensiero incustodito

Ma il destino ha un’altra porta

e l’ha aperta qui il signore

scrive storie come me

per professione.

 

Nascono dal niente 

dalla gola del mattino

dalle grotte della notte

sono i canti delle sfere

vagabondano soffiando

sul cuore della gente

prima di tornare

al loro nido

 

Vedi i casi della vita

certa gente al tuo paese

non la incontri in mille anni

neanche dietro appuntamento

Ma se vieni qui a Palau

te lo trovi dal barbiere

un volto familiare 

seduto proprio accanto

coincidenze che soltanto

il destino può aggiustare.

Colpo di vento

Testo di Mario d’Azzo – Musica di Matteo Luigi Piricò

A volte t’infili

in una fessura, entri

da uno spiraglio,

come un colpo di vento

lieve e improvviso.

Smuovi una tenda,

sollevi l’orecchio

di un foglio

o ti posi su un libro,

folgorato da un raggio 

di sole.

Tu sei così!

Cammini scalza nel mio mondo

benedicendo ogni cosa 

che vedi,

che tocchi,

con gli occhi del pensiero

e i poteri del cuore.

E io ti sento

e ti penso.

Gli Occhi della Moglie

Cosa vedono i tuoi occhi?

spalancati sul mattino

ora teneri e gentili

ora rapiti e distanti

 

Dove portano i tuoi occhi?

fluttuanti lungo il fiume

al mare che li abbraccia

alla brezza che li carezza

 

Sarò un uomo migliore

sarà libero il cuore

ora un umile servo

pronto all’amore

 

Sorride la donna

luminosa nell’aria

l’orizzonte si allarga

e l’uomo che la guarda 

si riempie di echi sottili

al contempo lontani e vicini

 

Cosa avvolgono i tuoi occhi?

come la notte le stelle

o la roccia i diamanti

come la brace la fiamma

 

Sarò un uomo migliore

sarà libero il cuore

ora un umile servo

pronto all’amore

 

Dove tornano i tuoi occhi?

alla luce che dal fondo

ne illumina il cammino

oltre questo mondo.

Joseph’s Night

What about me

will I be strong enough?                                    

Will I believe

won’t it be too tough?

What about me?

Mary has been honored

but the people talk!

 

What should I do

how can I handle that?

Am I so humble

Will I take off my hat?

bend like a branch

while the wind is blowing

where it wants.

 

Angel of the Lord

slipping through my dream space

bringing forth a truth 

with a new face.

Is it Love

that goes beyond?

 

I think I’ll do 

what I never did.

I think I’ll grow

and will grow the kid;

how does it sound?

will he call me father

though I am not?

 

The child is coming,

he is gonna change the law

of an eye for an eye

and a tooth for a tooth,

into one of love:

Love your neighbor 

as yourself.

 

Angel of the Lord

slipping through my dream space

bringing forth a truth 

with a new face.

It is Love

that goes beyond.

La voce

Testo di Mario d’Azzo – Musica di Matteo Luigi Pirico`

 

Uscirà la voce

dalla dimora 

di un silenzio

intatto.

 

Solcherà lo spazio 

il graffio di una stella.

 

Varcherà i confini

di equilibri antichi.

 

Sposterà col canto

le attenzioni della mente.

 

Il mattino avrà

tutta la bocca 

della valle

 ad annunciare il giorno

un’altra notte 

alle spalle.

Orfani in Paradiso

Bella mia, costa

fare il cavaliere!

La gente oggi non gira

piu` a cavallo.

E il corso degli astri spande

lontano

– muta e orfana 

la nota dell’uomo, 

del Suo cielo blu – 

 

Bella mia, in un angolo

intanto lo sciamano

governa il fulmine

con una sola mano.

Ripete la parola

che illumina le stelle

e quelle a lui sussurrano

favole e leggende,

del Suo cielo blu.

 

Bella mia, lo senti?

sembra un canto indiano;

batte il cuore,

batte il tamburo.

 

Con gli occhi del lupo

li vedo danzare intorno

al fuoco;

voglio farlo anch’io,

nudo sul prato.

Sanno quel che fanno,

sanno a chi cantare ed io

qui a mendicare

ai margini del campo….

Un osso!

Uno scampolo di pasto;

io ho ancora fame……

Dove sono le mie fiamme?

Cosa ho da offrire io?

Ululo alla notte,

divento io la notte!

Ululo alla luna,

divento io la luna!

 

Su un crinale di lavanda 

il cavaliere si sdraio`.

Guardava il cielo

ma vedeva la sua vita.

Riconobbe la vittoria 

ed accanto la sconfitta,

l’una senza troppa gioia

e l’altra senza fitta,

lì nel cielo blu.

 

Bella mia, li senti?

sono suoni antichi;

batte il cuore,

batte il tamburo.

 

Con gli occhi dell’aquila

mi vedo sdraiato 

sopra il campo,

quello sono io

con gli occhi al firmamento.

Fermo e intanto volo

nudo qui nel vento;

sento cosa dico

zitto ascolto.

Salute al Vecchio

Tutti intorno al letto,

tutti intorno al vecchio

ai margini del vuoto

per sentirlo muto,

a parte questi occhi

di moglie e di figli

che brillano già.

 

Vedrai che basterà

tutto questo amore 

a raccogliere le forze

spavaldo saltare,

un uccello giù dal ramo

sicuro di volare

dove il vento gli dirà.

 

Una strada all’inizio 

una strada alla fine

due mondi che si toccano

come paesi sul confine.

Una linea che si tende

un cerchio che si chiude

il giorno che risponde 

alla notte che chiede.

 

E chiede chiede

una possibilità

un’altra aurora 

dall’oscurità.

Chiede chiede

se l’amato ci sarà

ad aspettarla

nell’eternità.

Chiede chiede

un segno da capire

come un cane che già sente

cosa intende il suo padrone.

Chiede chiede

un’altra vita altrove

a patto lui sia lì

conta poco dove.

 

Sei bello da vedere

composto nel vestito

sebbene qui il commiato

preveda anche i saluti

grazie per gli aiuti

sempre ricevuti

senza chiederli

 

Il cammino che si fa

mano nella mano

liberi di scegliere

se vicino se lontano,

visibile e invisibile

una moneta due lati

dove i figli camminano 

e i padri son passati

 

E passa passa

passa la parola

calata nella forma

da quella che non suona.

Una scende in basso

bussa a porte chiuse

l’altra stando in alto

entra dalle serrature.

Passa passa

la sabbia dentro il mare

quando viene l’onda

sulla spiaggia a cancellare.

Passa passa 

il vento sul confine

e spazza lì la strada

senza inizio senza fine.

Walking in Sandals

I saw you

Lie on the grass

Trusting the ground

Like a child (in) the arms

Of his mother

Of her mother.

 

I gazed 

Upon your eyes

As if searching for diamonds

Into (inside) a mine

Or begging the light

From the inner.

 

There is so much pain

There is so much love

They intertwine 

Together

Would you believe 

Love is forever?

 

I stayed still

By your side

Had I raised the veil 

Of the bride

Would she have lit up 

My visions inside?

Would she have lit up

My visions inside?

 

Then came up a wave

From the worlds far beyond

And the heart resonated

Chanting its song

Of freedom and union

To which lovers belong

Of freedom and union

To which lovers belong.

 

There is so much pain

There is so much love

They intertwine 

Together

Would you believe 

Love is forever?

Now!

 

    La vera delizia dell’anima giace nell’amore, nell’armonia e nella bellezza, i risultati delle quali sono saggezza, calma e pace; più sono costanti, più grande è la soddisfazione dell’anima.

         Hazrat Inayat Khan – Il misticismo del suono

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